IL LAPSUS : La micropatologia quotidiana

 

"Attendete, Vi prego; un giorno o due ancora
Prima di osare: che, se la scelta errate,
Io Vi perdo; perciò indugiate.
Un che mi dice (ma non è l'amore)
Che perderVi non voglio...
... Potrei guidarvi
A sceglier giusto, ma verrei meno al voto;
Ciò non voglio; potreste dunque perdermi:
E ciò facendo, pentire mi fareste
Di non aver mancato al voto. Oh, gli occhi
Vostri
Che nel guardarmi così mi divisero!
META’ SON VOSTRA, L'ALTRA META E’
VOSTRA
MIA, VOLEVO DIRE; ma se mia, anche Vostra,
E così tutta Vostra."

da "Il mercante di Venezia" (atto 3, scena 21 di William Shakespeare)

Da molto tempo romanzieri e drammaturghi si servono del lapsus per far intravedere i pensieri più segreti dei loro eroi: nel brano shakesperiano, Porzia concilia le due affermazioni contenute nel lapsus verbale e ne risolve la contraddizione:

"META’ SON VOSTRA, L'ALTRA META E’ VOSTRA
MIA, VOLEVO DIRE; ma se mia, anche Vostra,
E così tutta Vostra
".

Così ciò che ella vorrebbe soltanto lievemente accennare all'uomo che ama, il poeta lo fa erompere nel lapsus con ammirevole finezza psicologica, placando, con un artifizio, l'insopportabile incertezza dell'amante e l'ansioso dubbio dello spettatore circa l'esito della scelta.
Questo esempio molto suggestivo di lapsus nella rappresentazione poetica, il quale indica come i poeti conoscano a fondo il meccanismo degli atti mancati e come presuppongano la medesima comprensione da parte dello spettatore, è citato nell'opera di Freud "Psicopatologia della vita quotidiana" (1901).
Freud, dopo aver elaborato la sua tecnica per risolvere il problema della cura delle psiconevrosi, volle indagare anche quelle produzioni psichiche, apparentemente casuali ed irrazionali, alle quali la psicoanalisi poteva essere applicata.
I sintomi nevrotici, che appaiono superficialmente ed esteriormente come stramberie prive di senso od anomalie incidentali, potevano così essere collegati a certe situazioni del passato dimenticato ed a certi conflitti interiori ignoti al soggetto, perché inconsci.
Attraverso questi collegamenti, i sintomi nevrotici perdevano il loro primitivo carattere assurdo, per divenire, oltre che sensati e significativi, l'espressione di una specifica intenzione.
Accanto all'interesse pratico immediato, determinato dagli scopi terapeutici che Freud si proponeva, si sviluppava un interesse teoretico di fronte a fatti psichici che prima venivano in gran parte ignorati, ma che ora emergevano in tutta la loro significatività.
Questo interesse teoretico prese il sopravvento allorchè egli si rese conto che quelle forze e quei meccanismi che si generavano nei nevrotici erano presenti ed operanti anche negli individui 'normali'.
Infatti, molte manifestazioni coscienti, che la psicologia tradizionale era costretta a trascurare come fatti accidentali, casuali o la cui spiegazione era insufficiente, apparivano il prodotto di quei meccanismi e si lasciavano spiegare in base alla loro azione.

La comune spiegazione degli atti mancati, quali lapsus, dimenticanze, sbadataggini, azioni compiute in modo erroneo o sintomatiche o casuali, come dovuti ad una momentanea sospensione dell'attenzione è secondo Freud, esatta, ma in senso negativo; infatti, quella sospensione consente alle forze inconsce agenti in noi di esprimersi. Tali atti non rappresentano, dunque, alcun carattere di casualità ma rivelano una precisa intenzione, che va soggetta ad un'interpretazione.
Freud, a conoscenza delle leggi della fonetica formulate da Meringer e Mayer, non nega l'azione modificatrice che i suoni come tali esercitano su altri suoni, bensì sostiene che tale meccanismo non è sufficiente a determinare un lapsus, ma è solo un mezzo, di cui il movente psichico si avvale per la costruzione del lapsus stesso. Pertanto, l'atto mancato è il risultato di un compromesso tra l'intenzione perturbatrice estranea e l'intenzione stessa, che risulta perturbata.
Il nonsenso che ne deriva è causato dal fatto che la frase è di per sè inadeguata, tanto come espressione dell'una come dell'altra intenzione.
La tendenza estranea non si può esprimere altrimenti, perché è un'intenzione respinta dalla coscienza ed alla quale la coscienza rifiuta l'espressione diretta.

L'intenzione perturbatrice puè essere respinta dalla coscienza in modi differenti:
– a) può presentarsi in forma chiara al soggetto mentre sta parlando e perciò essere intenzionalmente repressa e sostituita con un'altra frase.
– b) può essere un pensiero automaticamente scartato dalla coscienza senza essere sottoposto ad un vero e proprio processo di rimozione.
– c) l'intenzione perturbatrice può essere allontanata tramite un processo di rimozione.

La rimozione è un processo automatico, una particolare forma di difesa che si compie all'insaputa del soggetto e che perciò va distinta dal semplice processo di 'repressione cosciente', per cui noi intenzionalmente cerchiamo di non pensare a qualcosa o di inibire un dato impulso: tale repressione è temporanea come la sua efficacia.
Al contrario, la rimozione è un processo stabile, tramite il quale un atto suscettibile di divenire cosciente, ossia che appartiene al Preconscio, viene reso inconscio e ciò che viene, per un suo effetto, escluso dalla coscienza, rimane escluso in modo permanente.
Contemporaneamente, parliamo di rimozione quando l'atto psichico inconscio non viene nemmeno ammesso nel Preconscio, ma viene mandato indietro dalla censura.

Freud paragona "il sistema dell'inconscio ad una grande anticamera, in cui tutti gli impulsi psichici giostrano come singole entità Attigua a questa anticamera ce ne è una seconda, piè stretta, una specie di salotto, in cui risiede la Coscienza. Ma sulla soglia, tra le due stanze, esercita le proprie mansioni un guardiano, che esamina, censura i singoli impulsi psichici e non li ammette nel salotto, se non gli garbano".
Se quegli impulsi si sono spinti fino alla soglia e sono stati rimandati indietro dalla censura, sono dichiarati inammissibili alla Coscienza; in questo caso, Freud li definisce "rimossi".

Freud ricerca i meccanismi responsabili degli atti mancati allo stesso modo in cui analizza un sogno, per cercarne il contenuto latente ossia quei pensieri che tendono, sì, ad esprimersi nel sogno, ma che trovano in questa loro tendenza un ostacolo, rappresentato dal meccanismo della rimozione.
Quando la rimozione si presenta come forza attuale, che si oppone a tutto ciò che potrebbe portare il soggetto a rendersi conto degli elementi rimossi, prende il nome di 'resistenza', quando si presenta come una forza che agisca sull'attività onirica (ostacolando la libera espressione nel sogno degli elementi rimossi) prende il nome di 'censura'.
Le tendenze rimosse, che agiscono e che promuovono il sogno, corrispondono a tendenze infantili, che continuano ad essere attive nell'inconscio dell'uomo diventato adulto: non possono manifestarsi, perché la nostra coscienza morale le rifiuta e rappresentano la parte primitiva di noi stessi, quella parte che l'incivilimento non ha potuto sopprimere completamente.
Secondo queste considerazioni, Freud enunciò la teoria che i sogni sono sempre la realizzazione allucinatoria di un desiderio, desiderio incompatibile con la coscienza morale del soggetto e che incontra per questo l'ostacolo della censura.
L'attività onirica rinuncia ad esprimere quel contenuto che sta alla base del sogno in modo chiaro e perciò lo deforma; da questo compromesso fra attività onirica e censura si determina il contenuto manifesto del sogno, che, in linguaggio metaforico, esprime il contenuto latente.
Le tendenze rimosse vengono così ad un compromesso con la rimozione, realizzando un appagamento parziale sia delle tendenze stesse che delle forze rimoventi, dando origine, in forma macroscopica, ai sintomi nevrotici e, in forma microscopica, agli atti mancati.

L'interpretazione delle distorsioni è centrale nella psicoanalisi, in quanto legata soprattutto al problema del linguaggio, inteso non solo come parola, ma anche come forma di ogni comunicazione, di simbolo; "interpretare" per la psicoanalisi significa chiarire il conflitto tra dire e non dire, manifestare e nascondere, significa esplicitare il senso del discorso ossia riportare il sogno, il sintomo, il lapsus al loro senso reale.
In termini linguistici, si presenta un'opposizione tra 'linguaggio pubblico', che di norma può essere inteso dagli altri, e 'linguaggio privato'; dallo scontro tra la censura, che è pubblica, e le nostre pulsioni, che sono private e che tendono a manifestarsi, scaturisce il linguaggio cifrato.
Spetta alla psicoanalisi decifrare tale linguaggio, riportare il linguaggio privato a quello pubblico, 'traducendo' un sogno, un atto mancato, un avvenimento, un sintomo.

Il sintomo infatti può avere più significati, di cui almeno uno è la realizzazione di una fantasia sessuale e nasce da un moto pulsionale ostacolato dalla rimozione.
E' una formazione di compromesso tra l'intenzione cosciente del soggetto ed il rimosso, l'appagamento di un desiderio, in cui tale desiderio si esprime in una forma più o meno travestita.
Gli atti mancati assomigliano a quelle situazioni di compromesso che si riscontrano nei sintomi: nella formazione finale si trovano espressi, contemporaneamente, desideri di natura antitetica.

A questi 'sintomi in miniatura' non si presta l'attenzione che meriterebbero, perché hanno sempre un carattere transitorio e perché è sufficiente un piccolo sforzo cosciente per rimuoverli. In questa capacità di ripresa consiste la differenza fra il 'sintomo in miniatura' ed i sintomi classici delle nevrosi e delle psicosi, dove l'Io conscio non ha alcun controllo.
La distinzione principale si riferisce ai valori di adattamento: il sintomo clinico rappresenta il tentativo di rimettere in sesto un equilibrio mentale, che è stato disturbato da crisi istintuali, un tentativo che si paga con la sofferenza e con l'inadattamento.
Invece, nell'atto mancato, quell'inadattamento è lieve e passeggero e può venir corretto con uno sforzo conscio e l'unica, lieve sofferenza è quella causata da un occasionale imbarazzo.
Senza contare che certi errori, ad esempio le "gaffes" possono anche essere divertenti e suscitare l'ilarità ed il piacere, sia di chi li commette che di chi li ascolta.
Investigare sugli atti mancati della vita quotidiana consente di avvicinarsi allo studio della psicoanalisi ed alla comprensione dei linguaggio dell'inconscio.

Concludendo, si può affermare che la psicoanalisi, in origine, nasce come metodo terapeutico dei disturbi psichici, ma, dopo avere scoperto l'analogia tra processi patologici e processi normali, diventa gradualmente "scienza della psiche umana".

 

Bibliografia
S. Freud - Psicopatologia della vita quotidiana -, Torino 1971, Universale Scientifica Boringhieri (p. 109)
S. Freud - Introduzione alla psicoanalisi -, Torino 1969, Universale Scientifica Boringhieri (p. 267)

 

Testo di Claudia Francesca Galante
dalla Rivista "L'Insegnante Specializzato" (ed.ASSIO).
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